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"La Terra è blu". 60 anni fa, Yuri Gagarin fu il primo uomo nello spazio

Per onorare lo storico viaggio del russo Gagarin, e il suo giro ellittico intorno alla Terra, l'Unesco ha designato il 12 aprile come "la giornata internazionale del volo dell'uomo nello spazio"

Sessanta anni fa, il 12 aprile 1961 Yuri Gagarin ha aperto la via alle missioni umane di esplorazione dello spazio. A nemmeno quattro anni dal lancio dello Sputnik che aveva inaugurato l’era spaziale, era l’uomo a superare i confini dell’atmosfera. Un primato conquistato nel pieno della corsa allo spazio che vedeva Stati Uniti e Urss acerrimi rivali. Un evento che, in piena Guerra Fredda, segnò l'ennesima prova della supremazia dell'Urss sugli Usa. Una battaglia persa, poi, al fotofinish da Mosca, quando il 20 luglio 1969 gli americani compirono il primo allunaggio, arrivando sul satellite della Terra con la missione Apollo 11.  Prima di Gagarin, l'Urss aveva mandato per prima un satellite artificiale in orbita intorno alla Terra (Sputnik, nel 1957), per prima aveva inviato un manufatto sulla Luna (1959) e animali nello spazio (1954). Dopo il volo di Gagarin, arrivò quello della prima donna, Valentina Tereshkova (1963), mentre il cosmonauta Aleksei Leonov, nel 1965, fu il primo essere umano a lasciare una capsula per rimanere sospeso liberamente nello spazio, compiendo la prima attività extraveicolare della storia. Sempre i sovietici furono i primi a circumnavigare la Luna, fotografandone la faccia nascosta e a toccarne il suolo con un robot.  

Oggi molte cose sono cambiate da quel primo volo che portò Gagarin per 108 minuti tra le stelle. L’esplorazione spaziale è considerata impossibile senza una forte e ampia collaborazione internazionale. Lo dimostra, ad esempio, la Stazione Spaziale Internazionale: la più grande struttura mai costruita nello spazio è nata dalla collaborazione fra Stati Uniti, Russia, Canada, Europa e Giappone. Per onorare lo storico viaggio del russo Gagarin, e il suo giro ellittico intorno alla Terra, l'Unesco ha designato il 12 aprile come "la giornata internazionale del volo dell'uomo nello spazio".  La Terra è blu "Vedo la Terra. È blu". Con queste parole, Yuri Gagarin, all'epoca ventisettenne, sancisce l'alba di una nuova era. Da allora, il modo in cui l'uomo ha visto l'immensità dell'universo non è più stato lo stesso. La partenza è fissata alle ore 9:07 fuso orario di Mosca. Gagarin pronuncia la celebre espressione - поехали! (pojechali - "andiamo!") al momento del decollo all'interno della navicella Vostok 1 (Oriente 1), guidata da un computer controllato dalla base. Il razzo lo porta oltre l'atmosfera. Gagarin percorre un'intera orbita ellittica intorno al nostro pianeta, alla velocità di poco più di 27 mila chilometri orari. L'altitudine massima dell'orbita è di 302 chilometri, la minima 175. 

La capsula in cui viaggia l'astronauta russo ha un orologio, tre indicatori per gli impianti di bordo e un piccolo mappamondo che indica la posizione della navicella intorno alla terra, oltre agli oblò da cui ammirare e descrivere per la prima volta in assoluto il pianeta "azzurro". Il primo volo umano nello spazio termina infine con l'atterraggio in un campo vicino alla città di Takhtarova. È durato meno di due ore, più che sufficienti per passare alla storia. Dopo quella fantastica avventura, il primo cosmonauta della storia, "il Cristoforo Colombo" dello spazio, riceve glorie e onori: dal conferimento dell'Ordine di Lenin, la massima onorificenza sovietica, al battesimo dell'asteroide 1772 Gagarin, chiamato così in suo onore. 

La Volstok

Del peso totale di 4,7 tonnellate e alta 4,4 metri, la Vostok 1 ("Oriente 1" in russo) era costituita da due parti: un modulo abitabile di forma sferica, che ospitava l'astronauta, e un modulo di servizio provvisto della strumentazione di bordo, dei retrorazzi necessari a frenare e far ricadere la sonda a Terra e di 16 serbatoi contenenti ossigeno e azoto. La capsula abitata era dotata di tre oblò, un visore ottico da orientare a mano, una telecamera, la strumentazione per rilevare pressione, temperatura e parametri orbitali, un portellone e un sedile eiettabile lungo più o meno quanto l'abitacolo di una Fiat 500 (all'epoca il cosmonauta non atterrava insieme alla navicella, ma veniva espulso all'esterno e paracadutato a Terra in fase di rientro).   

Gagarin e la passione per il volo

Niente male per un ragazzo di umili origini, nato da padre falegname e madre contadina in un piccolo villaggio della Russia europea occidentale. Ottimi risultati a scuola nelle materie scientifiche e una sola, grande passione: il volo, nata a Saratov, dove studiava per diventare metalmeccanico e guadagnava qualche rublo lavorando come marinaio lungo il fiume Volga. La frequentazione di corsi di volo al locale aeroclub portò Gagarin a conseguire il brevetto per pilotare il monomotore Yakovlev Yak-18. Durante la sua permanenza a Saratov, ricoprì anche il ruolo di allenatore della scuola tecnica industriale di pallacanestro, ma la sua grande passione era l'hockey - sport per eccellenza prima dell'Urss e adesso della Russia - in cui giocava nel ruolo di portiere. Fu questa passione che lo spinse a entrare nell'aviazione russa, dove fu scelto come collaudatore, fino al 1959, quando entrò nella rosa dei candidati per il primo volo nello spazio.  Una vita trascorsa sugli aerei. E in volo incontrò anche la morte. Aveva solo 34 anni quando il 27 marzo del 1968, morì a bordo di un caccia di addestramento. Un anno dopo, gli americani Neil Armstrong e Buzz Aldrin piantavano la bandiera americana nel polveroso suolo lunare. 

"Primo per sempre"

L'impresa e il personaggio sono di quelli impressi nei manuali di storia, tanto che il giornale russo Rossiskaya Gazeta ha dedicato a Gagarin uno speciale dal titolo 'Primo per sempre". Nel giorno destinato alla festa del cosmonauta, il 12 aprile, la Russia ricorda soprattutto l'ottimismo di un giovane ufficiale dell'aviazione sovietica, figlio di un carpentiere e di una contadina, destinato a divenire il "Cristoforo Colombo dello Spazio". Quel giorno di 60 anni fa, partendo dal centro kazako di Baikonur - dove ancora oggi, con gli stessi rituali di allora, partono le missioni con equipaggio dirette alla Stazione spaziale internazionale - in due ore Gagarin sorvolò il globo terracqueo con la navicella Vostok-1. Una missione rimasta segreta fino all'annuncio del successo.     

Gagarin rischiò di morire: problemi di rientro nell'atmosfera lo costrinsero ad abbandonare il razzo per lanciarsi col paracadute a sette chilometri dal suolo. Dalle 700 pagine di documenti rimasti finora segreti risulta che prima del volo, Gagarin era preoccupato di non avere abbastanza cibo con se'. "Puoi fare quanti pranzi, cene e colazioni vuoi. Insieme al te' hai 63 porzioni di salame, marmellata e dolci. Tornerai grasso", gli disse attraverso la radio il costruttore della navetta spaziale, il padre del programma spaziale sovietico, Serghei Koroliov, prima del leggendario "poekhali!", si parte!, del cosmonauta.

Un mese dopo questa conversazione John Kennedy pronunciava davanti al Congresso un discorso che avrebbe scioccato la Nasa: gli Usa raccoglievano la sfida russa. Entro la fine del secolo l'uomo americano avrebbe passeggiato sulla Luna. Nel 1969, a otto anni dal volo di Gagarin, Neil Armstrong dichiarava chiusa la gara per lo spazio. Il cosmonauta russo era morto qualche mese prima in un volo di routine con un caccia militare.

Sessanta anni dopo, la Russia di Vladimir Putin nutre ancora notevoli ambizioni extraterresti, ma la sua capacità di realizzarle sono piuttosto ridimensionate: una stazione sulla Luna, una missione su Venere e navicelle di nuova generazione, tutti progetti annunciati e rimandati, tra problemi di fondi, corruzione e farraginosità burocratiche mentre l'attenzione del Cremlino si è spostata dall'esplorazione dell'universo alle imprese militari. 

Fonte:rainews.it

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